Parlare ancora una volta, magari l’ultima, anche solo pochi minuti con un caro defunto. Sentirne la voce, di condividere pensieri e ricordi. Uno scenario degno di una puntata di Black Mirror, e ora il nodo centrale di un documentario che solleva questioni fondamentali sulla nostra relazione con la morte e la tecnologia. “Eternal You”, questo il suo nome, ci porta nel cuore di un fenomeno in crescita: la creazione di avatar AI di persone scomparse.
Nell’epoca dell’intelligenza artificiale avanzata, la linea tra realtà e finzione si fa sempre più sottile. Il documentario “Eternal You”, diretto da Hans Block e Moritz Riesewieck e presentato al Sundance Film Festival, ci immerge in questa realtà emergente. Si tratta di un’indagine sulla pratica di ricreare digitalmente i defunti, utilizzando l’intelligenza artificiale per generare avatar capaci di comunicare da un “Aldilà” surrogato.

La storia di Christi Angel: un dialogo inaspettato
La storia di Christi Angel, una di quelle raccontate nel documentario, è emblematica e inquietante. Angel ha utilizzato un chatbot AI noto come Project December (ve ne ho parlato qui) per “comunicare” con un parente defunto. La risposta del chatbot alla domanda “Dove sei?” è stata tanto semplice quanto agghiacciante: “All’inferno”.
Un episodio che, con le sue tinte gotiche, sembra uscito da un film horror di Hollywood, ma che apre la porta a riflessioni profonde sull’etica e sulle implicazioni psicologiche di tali tecnologie.
Digitalizzare un defunto
La pratica di rivolgersi alla tecnologia per colmare il vuoto lasciato da un partner, un genitore o un amico stretto non è nuova. L’uso dell’AI prima della morte di una persona come strategia per raggiungere una sorta di immortalità è un concetto che sta prendendo piede. I “ghost bots”, già una tendenza in Cina, rappresentano un’esplorazione futuristica (e in parte inquietante) di questo ambito.
Tuttavia, è imperativo interrogarsi sugli impatti psicologici, emotivi ed etici di queste pratiche. Jason Rohrer, fondatore di Project December, si dice intrigato dalle possibilità narrative di questo fenomeno. “Quando leggo una trascrizione del genere mi vengono i brividi. Mi piacciono i brividi”, ha dichiarato Rohrer. Ma a parte la fascinazione, in che modo l’interazione con questi avatar influisce sul processo di lutto?

Conforto o distorsione?
I “thanabot”, chatbot formati sui dati di un defunto (dal termine “thanatologia”, lo studio scientifico della morte), pongono questioni di etica e salute mentale. Siamo di fronte a un nuovo strumento di consolazione o a una perturbante distorsione della realtà?

La rappresentazione digitale dei congiunti scomparsi ha raggiunto un nuovo livello con l’emergere di deepfake video su TikTok, che includono descrizioni in prima persona di bambini scomparsi, come Royalty Marie Floyd, assassinata nel 2018. Questi deepfake, creati con l’intelligenza artificiale per raccontare e rappresentare eventi accaduti (o magari no), sollevano ulteriori interrogativi sull’autenticità e sulle implicazioni emotive di queste iniziative.
Parlare con un “defunto digitale”, il punto di vista degli esperti di salute mentale

C’è chi, come la terapeuta Elizabeth Schandelmeier, ha espresso preoccupazioni sul fatto che avere un avatar digitale di un caro defunto possa ostacolare il processo di lutto. “Usare l’AI per creare un avatar per uso personale o commerciale dovrebbe essere considerato attentamente, dato l’impatto potenziale su una persona vulnerabile”, dice la Schandelmeier. Questo perché lo sviluppo del racconto di una vita, del suo lascito, è una parte cruciale del processo di lutto.

D’altra parte, Elreacy Dock, thanatologa e professore aggiunto di thanatologia presso la Capstone University di Washington, evidenzia che l’interazione con un avatar di un amico o parente defunto può offrire conforto e permettere di “chiudere un cerchio” manifestando sentimenti altrimenti inespressi. Tuttavia, esistono preoccupazioni sostanziali sull’uso di questi avatar, in particolare per le persone ancora nelle prime fasi di negazione o shock, che potrebbero diventare emotivamente dipendenti dalle loro interazioni con l’avatar del loro caro.
In sintesi
In attesa di potermi confrontare con voi sui contenuti di “Eternal You” (che vedremo presto sulle piattaforme di streaming), le domande sulla nostra capacità di affrontare eticamente queste tecnologie sono già qui.
Questo documentario apre una finestra su un futuro in cui l’intelligenza artificiale sfida i nostri concetti di morte e memoria. Siamo pronti a navigare in questo territorio inesplorato, dove la consolazione tecnologica incontra i confini sfocati del lutto e della memoria? In questo nuovo mondo, dove la tecnologia sfida il confine dell’irreversibile, cosa significherà veramente dire addio?